Tutto l’amore del mondo

Hai vissuto
invano.

Questo pensiero crudele
arriva, e rimane
dietro gli occhi
a pungere
buca il carapace
quello strato sottile di pelle
che faticosamente proteggeva
le lacrime
dal mondo.

Hai vissuto invano:
il tuo compito
in questa vita
è stato ammalarti
soffrire
morire.

Nella malattia dicevi
non ho una vita
quando chiusa
nel silenzio del (nostro) mondo
parlavi – a tratti litigavi – con le voci.

Eppure ti ricordo anche
d’estate
dalla nonna a Malvaglio
la sorella ribelle
allegra e leggera
con le gocce di sudore
sul naso, di fianco
a me, seduta sul sedile posteriore
senza cinture.

Come tante sorelle
maggiori
sono stata amata d’amore
non del tutto
corrisposto, in me più forte
la gelosia, ché tu potevi
la libertà del capriccio
senza perdere l’abbraccio
di mamma e papà.

Ti ricordo d’estate
dalla nonna
quando impaziente aspettavi
il mio risveglio al mattino
entravi ogni tanto
in camera, a controllare
ti avvicinavi al mio letto
e io tenevo
gli occhi chiusi.

Forse anche a te la nonna
teneva le mani
nelle sue, grandi, rugose, con la pelle
sopra morbida, sotto dura,
sul tavolo della cucina
mi prendeva le mani e senza dire
niente
mi guardava con tutto
l’amore del mondo.

Lo prendeva dal fondo del cuore
dove generazioni di donne
madri e poi nonne
l’avevano depositato in forma
di gelati, pastiglie Leone, cotolette
con le patatine, torte, gatti,
cartoni, acqua di colonia,
cioccolatini kinder e rosari.

Dal fondo del cuore prendeva
questo amore
e lo mandava a me, in silenzio
arrivava leggero
diluito come sciroppo
acqua e menta
lenzuolo sottile di lino.

Io penso che sì, la nonna
prendeva anche le tue mani
nelle sue e guardava
e taceva così
anche con te.

Allora no:
non hai vissuto invano.

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