Babbo Natale

Per la prima volta
siamo stati noi
a mangiare i biscotti
(tranne uno),
a lasciare
i regali incartati
sotto l’albero.

Stamattina dicevi
è passato
Babbo Natale, eccitazione
e sollievo: forse un dubbio
ma no, per fortuna, è arrivato.

La cosa più commovente
è la tua fede
semplice
nella domanda: adesso dov’è?

Grazie, piccolo,
perché ci fai
credere
alla parte più fedele,
più luminosa
di noi: stella cometa.

Primi passi

Forte la paura:
esitante lasci
la presa, affronti
l’incertezza
dei tuoi primi passi
da solo.

Forte la paura:
potresti inciampare
oppure cadere
all’indietro – la testa ancora
pesante.

Più forte però
il desiderio:
qualcosa o qualcuno
ti attira
ti spinge
e allora, ecco,
vai!

Oggi sei stato in altalena

Oggi sei stato in altalena
per la prima volta
e io non c’ero.

Non ho visto
la tua bocca che si apre
per far spazio
allo stupore,
non ho sentito
la tua risata chiara,
ruscello di montagna.

Era la prima volta
ma molte seguiranno:
io vado al lavoro
e tu
diventi grande.

Dormo meglio con te

Dormo meglio con te
appiccicato
col respiro pieno
di catarro
e le braccia
allargate a croce.

Dormo meglio con te
scomoda
con la paura
di schiacciarti
stretta su un fianco
a trattenere la tosse.

Anche i grandi
vedono mostri notturni
ombre lunghe
come pensieri
nei giorni non ancora.

Stammi vicino
tu che sei piccolo
e ti basti
con la tua mamma.

Lasciarsi toccare

Come molti neo-genitori, ho seguito un breve corso di massaggio infantile.
Ecco qualche appunto sparso sul tema.

I neonati integrano più facilmente nel proprio schema corporeo le parti che vengono toccate, nude. E se anche per noi grandi funzionasse un po’ così? Forse anche nel nostro caso esistono soltanto le parti di noi che lasciamo – almeno ogni tanto – esposte allo sguardo altrui, e al contatto. Le parti che invece teniamo sempre nascoste, sempre protette a un certo punto smettono di esistere perfino per noi stessi.

Toccare è sempre reciproco: chi tocca è anche toccato, inevitabilmente. Se massaggio il mio bimbo, la sua pancia è toccata dalla mia mano, e la mia mano dalla sua pancia. E’ dunque un’esperienza intima per entrambi, ché anche toccare espone, non solo lasciarsi toccare.

Il contatto è generativo: una mano e una pancia che si toccano sono qualcosa di nuovo e di più della mano e della pancia prese singolarmente. Allora occorre curare sia il momento dell’avvio del massaggio (chiedendo il permesso prima di massaggiare) sia il momento della fine (staccando delicatamente e lentamente le mani, in modo che la transizione sia graduale).

Il massaggio produce sempre un effetto, anche se non immediato. Più una pancia (o una gamba, o una schiena…) è massaggiata, più – in qualche modo – “matura”.

Preghiera semplice

Dio delle madri
insonni
a vegliare su pensieri
appuntiti e disordinati
come chiodi in una scatola
a vegliare su figli
malati e pieni
di paure
fa’ – ti prego –
che le mie carezze
restino
ingombranti e ostinate
fa’ – ti prego –
che il mio piccolo
ci scivoli sopra, c’inciampi contro
quando tagliente e ruvido
quando buio e stanco
fa’ – ti prego –
che le trovi
senza cercarle.

Ti auguro, piccolo mio

Ti auguro, piccolo mio,
una vita felice e densa
d’amore,
che tu possa trovare
e continuamente cercare
dove
sicuro: caldo nel freddo,
fresco d’estate,
un luogo dentro
da chiamare casa.

Ti auguro, piccolo mio,
di generare tracce
luminose,
che tu possa avere
occhi
e sentire pieno
il senso, qualcosa
di più grande
ad abbracciarti.

Perché un figlio

Perché un figlio – chiedo
come perché
perché proprio
un figlio, perché?

Beh ovvio: la natura, la biologia,
e poi tutti ormai
adesso, forse
possiamo, non sempre potremo,
per essere felici,
perché più felici con.

Un figlio perché la cultura,
il sistema sociale,
per non morire
accartocciati senza
nemmeno uno sguardo
a fare caldo attorno.

Un figlio perché terrorizza
il vuoto davanti,
per lasciare qualcosa
come scudo
contro il male del mondo.

Un figlio perché i nonni,
la stanza già pronta,
per chiudere la porta
e parlare soltanto
di pappa, cacca, nanna.

Un figlio per tornare bambini,
per crescere ancora,
per aprirci
a terribili cose possibili,
per non pensare
ai sette miliardi umani,
al clima che cambia,
per tenere tutto piccino
dentro a una mano.

Un figlio per avere
una creatura nuova
che esiste,
non dà spiegazioni,
per sentire insieme
fortissima paura e poi
qualcosa di sottile, simile
a una carezza.

Foto: Gegio

Nascita (6)

Lasciar spazio all’inatteso come una cicatrice di 12 punti

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DSC_0243_2Scoprirsi genitori non per atto di volontà ma per accettazione

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Nadia