22 mesi

22 mesi:
chi mai li conterebbe
se non un genitore?
(né cifra tonda
né tappa significativa
dello sviluppo)

22 mesi
che ti ascolto, ti tocco
ed è cambiato
il mio sguardo:
adesso noto ogni cane
e mi entusiasmo
gioiosa
al passare dei camion.
Cacco!

Sei diventato timido
non lo eri
lo sei: quindi?
Distogli lo sguardo,
ti nascondi,
afferri i giochi
desiderati, solo
con la mia mano.

Sento crescere
ombre dense
dentro:
il passato che dice
del futuro, ma questo
è un pezzo
tutto mio.

Una cosa invece
vorrei dirti
nella timidezza
di questi due anni
non ancora.

Non si vive di lato
e neppure prima
neppure dopo
o, meglio, sì
però meno
e si perde tanto
a non prendere
il volo
una mano tesa.

Sotto casa

Il bacio si sa è dei ragazzi

che incuranti del mondo

nel bacio ne prendono parte.

Il lavoro è duro la sera

con la bici e nel freddo

con lo zaino quadrato

e la paga da poco

per arrotondare.

Coi minuti contati, le consegne da fare

è bello a vent’anni

trovare un minuto

appoggiare la bici alle scale

e salire un istante alla porta

per lasciare al piano un pacchetto

di labbra, fretta ed eterno.

Lei chiude gli occhi

prende in consegna l’amore

ché si vede

è tutto in quel bacio

e rientra di corsa alla casa.

Lui rimette il caschetto

inforca la bici e riparte

due pizze tra poco

e chissà

più tardi una cena di sushi.

Non ti ho amato

Non ti ho amato
stanotte, è successo
all’improvviso
rabbia
e ti ho visto
come nessuno
dovrebbe sentirsi:
un ostacolo
da rimuovere.

Volevo dormire,
solo questo,
e sono diventata
stanza spoglia
tutto buio
di là il tuo pianto
e io ferma.

La cosa più difficile
è stata la tua fiducia
ostinata
nel chiamarmi mamma
è stato il tuo amore
semplice
nel calmarti al mio arrivo.

È durato poco
è durato troppo?
Stamattina il tuo sorriso
non ricordava
insegnami, piccolo,
a perdonare.

Ho per te pensieri

Ho per te pensieri
meschini:
che il mondo finisca,
esploda o anneghi
purché tu
tu soltanto
sia salvo
e sano.

Ho per te pensieri
liberi:
vai, vivi, sperimenta,
prova e impara
sbagliando
ciò che ti serve.

Ti penso e ripenso
fino al tuo
Ah!
che mi riporta
qui, sul tappeto
la tua presenza:
il nostro presente.

Preghiera semplice

Dio delle madri
insonni
a vegliare su pensieri
appuntiti e disordinati
come chiodi in una scatola
a vegliare su figli
malati e pieni
di paure
fa’ – ti prego –
che le mie carezze
restino
ingombranti e ostinate
fa’ – ti prego –
che il mio piccolo
ci scivoli sopra, c’inciampi contro
quando tagliente e ruvido
quando buio e stanco
fa’ – ti prego –
che le trovi
senza cercarle.

Ti auguro, piccolo mio

Ti auguro, piccolo mio,
una vita felice e densa
d’amore,
che tu possa trovare
e continuamente cercare
dove
sicuro: caldo nel freddo,
fresco d’estate,
un luogo dentro
da chiamare casa.

Ti auguro, piccolo mio,
di generare tracce
luminose,
che tu possa avere
occhi
e sentire pieno
il senso, qualcosa
di più grande
ad abbracciarti.

Come si fa (per Irene)

Come si fa
a lavarsi i denti
allacciarsi le scarpe
apparecchiare la tavola
scendere e salire
le scale.

Come si fa
a sopportare la bellezza
che ostinata esiste
a perdonare le cose
rimaste in piedi
e i bambini
nati
proprio adesso.

Come si fa
a stare
in tutte le prime volte
senza di te.

 

Irene se n’è andata, non sappiamo dove ché altrimenti l’andremmo a cercare.
Non c’è più ma c’è stata, anche qui, su Aironi di carta, come zampine.
Un motivo in più per pensarla da questi cieli

Ciao, Irene.

Un amore imperfetto

Ti amerò
d’un amore imperfetto
condizionato senz’altro
dalla stanchezza
dall’umore

vorrei promettere
cose impossibili
come “sempre”
“mai e poi mai”

invece so
non basteranno
le mie mani zoppicanti
a colmare la distanza
contenere i vuoti.

Che tu possa trovare
la strada
verso un mondo più grande.

 

Foto: Lisbona 2017